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Abolizione Superbollo: questa volta potrebbe accadere davvero. Perché?

Tempo di lettura: 2 minuti

Introdotto dal Governo Berlusconi nel 2011, il Superbollo, chiamato tecnicamente “addizionale erariale alla tassa automobilistica”, iniziò una guerra nei confronti delle auto sportive che, tra crisi e avvento dell’elettrico, ha reso praticamente insostenibile l’acquisto di auto con più di 250 cavalli. Oggi, per l’ennesima volta, parliamo di abolizione del Superbollo, ma a questo giro le motivazioni dell’eliminazione di questo ingiusto balzello sembrano essere piuttosto fondate.

Nel 2011 il criterio di pagamento del Superbollo era meno aggressivo: 10 euro ogni kW superiore ai 225 (306 CV). L’anno successivo, con il Governo Monti i limiti sono diventati più stringenti: 20 euro ogni kW superiore ai 185 (251 CV), ma dopo 5 anni dall’immatricolazione della vettura la tassa si riduce, per poi sparire al ventesimo anno di età.

Abolizione Superbollo: i motivi

Quasi ogni Governo successivo a quello di Monti ha trattato l’argomento, promettendo l’abolizione di questa tassa, insieme all’eliminazione delle accise sul carburante, ma alla fine nessuno è riuscito a portare a termine questa missione. Questa volta, la commissione finanze di Camera e Senato ha elaborato uno studio sui cosiddetti microprelievi, entro i quali rientrano anche le microimposte. Questi fruttano nelle casse dello Stato lo 0,01 delle entrate tributarie e lo 0,1 per Comuni e Regioni, complicando al contempo la burocrazia e la fiscalità di tutti gli attori, dall’utente privato agli enti pubblici. Per questo motivo si sta pensando all’abolizione del Superbollo, che rientra proprio in questo campo. Il condizionale rimane d’obbligo, purtroppo.

Se poi pensiamo agli introiti che ha portato il Superbollo al Ministero dell’Economia in quasi 10 anni di attività, le motivazioni che dovrebbero incentivare all’abolizione dovrebbero essere ancora maggiori. Tra il 2012 e il 2019 il Superbollo ha fruttato circa 903 milioni di euro, con una media di 113 milioni all’anno, a fronte di perdite di gettito, tra indotto del lusso, IVA, tassazioni di vario tipo, introiti dovuti a carburante e spese di manutenzione, che alcune stime ritengono essere addirittura 10 volte superiori rispetto a quanto è stato guadagnato.

Poi c’è la componente della passione. Auto potente non significa per forza auto costosa, poiché tra usato e modelli particolarmente convenienti nel rapporto euro/cavalli, non si deve essere dei ricchi magnati per poter realizzare il proprio sogno, sogno, però, spezzato dal Superbollo.

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