Essere il fratello di mezzo è una condanna. Lo sa bene la Ferrari F50, nata 30 anni fa con il destino di chi arriva dopo il mito e prima della leggenda. Sfiga doppia: è l’erede della F40, l’ultima auto benedetta da Enzo Ferrari in persona, e la sorella maggiore della Enzo, che porta il nome del fondatore. Tradotto: ci sono tutte le premesse per dimenticarsi di lei, ma non è così. A 30 anni di distanza la F50 rimane un’icona assoluta.
Certo la F40 è sempre sulla bocca di tutti, ma snobbare la F50 è un delitto. Il suo V12 viene dritto dalla Formula 1, il telaio è un capolavoro di fibra di carbonio, e il cambio manuale è roba da driver veri, quelli che oggi vengono sostituiti da centraline e paddle al volante. Senza servosterzo, senza ABS, senza filtri: la F50 era analogica come un disco in vinile, e guidarla significava essere più vicini a Schumacher che a un influencer col portafoglio gonfio.
Ma c’era un problema. Il design, troppo simile alla F40 per essere davvero rivoluzionario, e troppo lontano dal cattivo fascino della sua antenata. Il risultato? Per anni, la F50 è stata trattata come il figlio di mezzo, ignorata da chi voleva la brutalità della F40 o la solennità della Enzo.
Oggi, con soli 349 esemplari in circolazione e prezzi che lievitano più dell’inflazione, qualcuno ha iniziato a rivedere il giudizio. Non io di certo che l’ho sempre apprezzata.Forse non era poi così male, questa F50. Forse era solo in anticipo sui tempi. O forse, semplicemente, le auto eccezionali hanno bisogno di decenni per essere capite. Sarà così anche per la Ferrari F80?