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Gli italiani alle auto nuove preferiscono tenersi dei rottami 

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Nel paese dove si rottamano i politici ma non le auto, il parco circolante continua a crescere e invecchiare come un talk show condotto da Bruno Vespa. Oggi sulle nostre strade scorrazzano oltre 40 milioni di veicoli, con un’età media che ha toccato i 12,8 anni. Quasi nove milioni hanno più di 18 primavere. Tralasciando i pezzi che meritano un posto nella storia automotive, gli altri diciamolo senza paura sono rottami a cielo aperto che arrancano su strade dissestate, consumano troppo e sono sgangherati più di un’assemblea di condominio.

E l’elettrico? Si muove, ma a passo di lumaca. Le BEV (elettriche pure) e le plug-in insieme fanno appena l’1,4% del totale. Ma dare la colpa agli italiani sarebbe ingiusto: le autonomie non soddisfano ancora, la rete di ricarica è più introvabile di un taxi libero quando piove e senza incentivi i prezzi restano fuori mercato per quello che offrono. Per molti, più che una scelta ecologica, sarebbe un salto nel buio.

Il problema vero è che in Italia cambiare auto è un lusso. Tra incentivi a singhiozzo, tasse che penalizzano chi vorrebbe un’auto più efficiente e un’infrastruttura di ricarica ancora troppo carente, il rinnovo del parco avanza con la velocità di un’utilitaria in salita. Il risultato? Più emissioni, più incidenti e un mercato auto che, anziché innovare, rimane impantanato in un circolo vizioso.

Ma viene da chiedersi: è solo questione di soldi e incentivi? O forse le auto nuove, al di là del tipo di alimentazione, non stanno davvero conquistando gli italiani? Troppa elettronica invasiva, troppi display che distraggono più del telefonino, troppe linee anonime fatte con lo stampino. Forse, il problema non è solo cambiare auto. È che quelle nuove non emozionano più.

Collaudatore

Federico Ferrero

Direttore Autoappassionati.it

Autore
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