La Cina estrae la carta di credito per fare shopping nell’automotive europeo: stavolta, pare sia il turno dell’orientale NIO che può comprare lo stabilimento Audi di Forest (in olandese Vorst), nei pressi di Bruxelles, dal Gruppo Volkswagen. Uno dei siti a rischio, dopo che i grandi capi del colosso tedesco hanno reso noto come sia necessario chiudere due o tre fabbriche e licenziare 15.000 dipendenti per il crollo della domanda elettrica.
Affari d’oro per il Dragone
Per NIO, sarebbe un colpaccio: firmando un assegno, entra in possesso delle conoscenze tecnologiche dello stabilimento, all’avanguardia in tema di ecosostenibilità grazie agli investimenti di VW in vista della produzione dell’Audi Q8 e-tron. Proprio le consegne deludenti e le prospettive grigie hanno indotto Wolfsburg a prendere in esame la dismissione: nessun nuovo modello full electric. I cinesi si ritroverebbero operai che valgono oro in un sito ultra moderno. Insomma, qualcosa di analogo a quando l’orientale Geely ha acquistato la svedese Volvo.
Il secondo grande vantaggio per la Casa di Shanghai? Aggirare gli extra dazi Ue sul made in China esportato nel Vecchio Continente: basta produrre direttamente sul posto, come pensano di fare anche le cinesi BYD in Ungheria e SAIC (MG) in Spagna. Inoltre, il Belgio sarebbe un trampolino di lancio per NIO, già presente con le proprie vetture in Germania, Paesi Bassi, Svezia e Norvegia. Notevoli le ambizioni per l’espansione commerciale nell’Unione di William Li, noto anche come Li Bin, un uomo d’affari e imprenditore cinese, che ha nel mirino addirittura Tesla.
Ci guadagnano tutti
A sua volta, VW incasserebbe denaro prezioso da un pagatore sicuro come NIO, dalle notevolissime risorse. Anche se in casi del genere è spesso il compratore a fare il prezzo. E per i dipendenti del sito di Audi di Forest potrebbero aprirsi finalmente opportunità, così come per l’indotto, a beneficio della pace sociale. Non è dato sapere se i politici dell’Unione europea, quando hanno concepito e imposto il bando termico 2035, già prefigurassero un futuro del genere per le fabbriche del Vecchio Continente, che finiscono in mani cinesi. È davvero questo il Green Deal, annunciato con documenti dai toni aulici?
Autore: Mr. Limone