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Silk Faw, ora è davvero tutto finito. Il fallimento della hypercar cinese

Tempo di lettura: 2 minuti

Silk Faw fa i conti con la realtà: è davvero tutto finito per il brand nato da fondi statunitensi e cinesi. Come si preannuciava da tempo, è arrivato già il fallimento della hypercar cinese, poiché la Regione Emilia Romagna ha giustamente deciso di ritirare l’accordo con la Silk Faw per finanziare la costruzione di una nuova elettrica ad altissime prestazioni.

Per fortuna il denaro pubblico non è stato speso, ma molti lavoratori stanno facendo, e dovranno ancora fare i conti con questo avvenimento.

Silk Faw, addio alla “megafabbrica”

Silk Faw può aggiungere la parola “fine” alla sua denominazione. Il brand coniato da fondi statunitensi e cinesi, è ad un passo dalla chiusura ed oltre a fare i conti con la cessata attività, il marchio avrebbe alle calcagna la Guardia di Finanza, che starebbe indagando per tentata truffa aggravata. Silk Faw aveva in mente la realizzazione di una “megafabbrica”, è in questa maniera che un gruppo di imprenditori ha descritto finora il progetto guidato dalla joint-venture sino americana.

L’annunciato maxi polo per la costruzione di hypercar elettriche sarebbe dovuto sorgere nella frazione di Gavassa. Silk Faw, lo scorso 22 febbraio, aveva deciso di rinunciare all’accordo firmato il 27 aprile del 2022 con la Regione Emilia Romagna per l’insediamento e lo sviluppo del suo stabilimento. L’Ente regionale, però, ha preso atto della volontà dell’azienda ed deciso di revocare tempestivamente il contributo (mai erogato) di 4 milioni di euro che Silk Faw si era aggiudicata nell’ambito di un bando del 2021. Per fortuna, quindi, nessun soldo pubblico è stato speso.

Nello specifico, la Regione Emilia Romagna ha fatto sapere che:

Non è stata acquisita la presentazione del dettaglio delle operazioni da parte della società e pertanto non si è proceduto alla concessione ed all’assunzione dell’impegno finanziario relativo al contributo concedibile”.

Non resta che dire addio a Silk Faw e confrontarsi ancora una volta con fallimento dovuto ad una rischiosa operazione che avrebbe attinto denaro proveniente da contributi pubblici, un’idea incapace di “stare in piedi” e che ha illuso moltissime di persone assunte e poi lasciate a casa.

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