Trump ha giurato da poco e già brandisce la sua mannaia dorata: “Il Green Deal è finito”.
Con un colpo di penna, ha silurato il mandato federale sulle auto elettriche, perché gli americani devono essere liberi di guidare ciò che vogliono. Niente più imposizioni, niente più vincoli: l’industria dell’auto torna a scegliere senza imposizioni, il petrolio torna protagonista, e il mercato decide da solo il proprio destino.
Dall’altra parte dell’oceano, l’Europa assiste con il suo solito aplomb burocratico, ma qualcosa scricchiola. Un recente sondaggio (realizzato dalla società di ricerca Polling Europe su incarico di Ecr) rivela che il 58% dei cittadini UE non vuole lo stop ai motori termici nel 2035. Troppo costose, troppo complicate da ricaricare, troppo poco libere, dicono.
I francesi (67%) sono i più contrari, seguiti da italiani e tedeschi. L’auto elettrica imposta per decreto? Un capolavoro di marketing istituzionale che sta fallendo come un’azienda di monopattini a carbone.
E allora? L’Europa scopre di non essere l’America, ma neanche più così verde. Persino dalle nostre parti si inizia a interrogarsi: sarà che la neutralità tecnologica non è un’eresia? Sarà che imporre un dogma anziché convincere è un errore? Sarà che se continuiamo così, nel 2035 rischiamo che le industrie UE non ci siano più? Trump fa Trump, l’Europa si interroga. Ma mentre noi discutiamo, la concorrenza orientale fa affari.
E se il vero Green Deal fosse smettere di farci del male da soli?