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15 frasi che hanno reso famoso il compianto Sergio Marchionne

Tempo di lettura: 3 minuti

Qualche giorno fa, la collega Bianca Carretto del Corriere della Sera ha reso nota una dichiarazione che Sergio Marchionne le rilasciò privatamente. Era l’anno 2018, precisamente il 26 giugno e durante la cerimonia di consegna di una Jeep Wrangler ai Carabinieri, Marchionne confessò dei retroscena come il dispiacere per aver liquidato Montezemolo dalla Ferrari, la mancata alleanza con General Motors e la ferma intenzione di non sottoscrivere intese con i francesi di PSA.

Queste dichiarazioni sono state rese pubbliche a poche settimane da quello che sarebbe stato il suo settantesimo compleanno, ma ci sono altre dichiarazioni che hanno fatto parlare di Marchionne a livello mondiale.

Le frasi più famose di Sergio Marchionne sarebbero 15

Marchionne: obiettivo 230 mila auto per Alfa Romeo e Maserati nel 2017

A far parlare di Sergio Marchionne, negli anni, non sono stati solo i suoi pregi che hanno fatto di lui un grandissimo manager, ma anche delle dichiarazioni memorabili. Alcune di esse sono passate alla storia e lo hanno fatto conoscere al mondo intero, eccone 15:

  • “Concentrarsi su sé stessi è una così piccola ambizione”;
  • “Voglio che la Fiat diventi la Apple dell’auto. E la 500 sarà il nostro iPod”;
  • “La leadership non è anarchia. In una grande azienda chi comanda è solo. La ‘collective guilt’, la responsabilità condivisa, non esiste. Io mi sento molte volte solo”;
  • “L’Italia è un paese che deve imparare a volersi bene, deve riconquistare un senso di Nazione”;
  • “Noi italiani siamo da sempre il paese dei gattopardi. A parole vogliamo che tutto cambi, ma solo perché tutto rimanga com’è”;
  • “L’Italia è un Paese con una delle più grandi ma inespresse potenzialità che io conosca, è un paese che non si vuole bene. Sulle prime quattro o cinque pagine dei giornali si legge solo di litigi e di discussioni che non hanno impatto sull’Italia e sul futuro dei giovani. Se non smettiamo di portare avanti questi dibattiti, non faremo molta strada”;
  • “Siate come i giardinieri, investite le vostre energie e i vostri talenti in modo tale che qualsiasi cosa facciate duri una vita intera o perfino più a lungo”;
  • “Io sono così. Il tizio con il maglione. Almeno non mi confondo la mattina nell’armadio. I miei maglioni hanno un piccolo tricolore sulla manica. E lo porto con orgoglio, io”
  • “Nel 2004 perdevamo cinque milioni di euro al giorno, ma quando andai in ufficio in Italia ad agosto non c’era nessuno. Così chiedo: ‘ma dove sono tutti?’ e mi dicono: ‘in ferie’. ‘ma in ferie da cosa?’, dico io. Nel mondo se ne fregano d’agosto. In Brasile, negli Stati Uniti ad agosto lavorano. E noi? Noi siamo convinti che siamo la Fiat e tutti ci aspettano… A quel tempo perdevamo 5 milioni di euro al giorno, 5 milioni, ed io ero in ufficio da solo…”;
  • “Esiste un limite oltre il quale il profitto diventa cupidigia e coloro che operano in un libero mercato hanno anche l’obbligo di agire entro i limiti di ciò che una buona coscienza suggerisce”;
  • “Mi ricordo i primi 60 giorni dopo che ero arrivato qui, nel 2004: giravo tutti gli stabilimenti e poi, quando tornavo a Torino, il sabato e la domenica andavo a Mirafiori, senza nessuno, per vedere quel che volevo io, le docce, gli spogliatoi, la mensa, i cessi. Cose obbrobriose. ho cambiato tutto: come faccio a chiedere un prodotto di qualità agli operai e farli vivere in uno stabilimento così degradato”;
  • “Ho cercato di organizzare il caos, ho visitato la baracca, i settori, le fabbriche. Ho scelto un gruppo di leader e ho cercato con loro di ribaltare gli obiettivi per il 2007. Allora non pensavo di poter arrivare al livello dei migliori concorrenti, mi sarei accontentato della metà classifica. Nessuno ci credeva, pensavano che avessi fumato qualcosa di strano. Oggi posso dire che non mi ha mai sfiorato la tentazione di rinunciare, piuttosto il pensiero che forse non avrei dovuto accettare. Ma era la Fiat, era un’istituzione del Paese in cui sono cresciuto”;
  • “Non so se la filosofia mi abbia reso un avvocato migliore o mi renda un amministratore delegato migliore. Ma mi ha aperto gli occhi, ha aperto la mia mente ad altro”;
  • “Dopo la prima laurea in filosofia mio padre aveva già scelto il colore del taxi che voleva farmi guidare perché diceva che non sarebbe servita a nulla”;
  • “Ho grande rispetto per gli operai e ho sempre pensato che le tute blu quasi sempre scontino, senza avere responsabilità, le conseguenze degli errori compiuti dai colletti bianchi”.

Chi era Sergio Marchionne?

Il compianto Sergio Marchionne è nato a Chieti il 17 giugno 1952, si trasferisce in Canada dove consegue la laurea in filosofia all’Università di Toronto ed in legge alla York University, nell’Ontario. Torna in Italia nel 2003, sotto chiamata dell’avvocato Gianni Agnelli per risollevare la Fiat dal suo momento peggiore. I risultati arrivano subito e sono evidenti, così in meno di un anno riceve l’investitura di amministratore delegato.

Il 1 giugno 2006, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano lo nomina Cavaliere del Lavoro. Mediante un accordo con Barack Obama ha salvato Chrysler (guadagnando brevetti ed un mercato immenso oltreoceano), ha fortemente rilanciato il marchio Fiat con la 500 al centro del progetto riuscendo a quadruplicare le vendite in meno di 10 anni. È stato anche presidente della Ferrari nonché membro permanente della Fondazione Giovanni Agnelli e co-presidente del Consiglio per le Relazioni tra Italia e Stati Uniti.

Si è spento prematuramente all’età di 66 anni il 25 giugno 2018 in quel di Zurigo a causa di una lunga e grave malattia.

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