Storiche

Compie mezzo secolo la Ferrari Dino 246 GTS, sì, quella con il 6 cilindri open air

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Nel corso di quest’anno c’è un avvenimento importante da festeggiare in casa Ferrari: il cinquantesimo compleanno della Ferrari Dino 246 GTS. La vettura rende omaggio al figlio di Enzo Ferrari, il quale scomparve prematuramente per un brutto male. Nonostante 50 anni siano tanti ed al tempo stesso lunghi, quest’automobile ha mantenuto invariati fascino ed appeal, continuando a far sognare tutti gli appassionati delle quattro ruote.

Ferrari Dino 246 GTS, sotto al cofano c’è un motore da sogno

Il codice numerico della sigla illustra due caratteristiche molto importanti concernenti la vettura, vale a dire la cilindrata di 2.4 litri ed il frazionamento a 6 cilindri del suo motore. Proprio il motore è alloggiato posteriormente in maniera centrale, nonchè alimentato da tre carburatori doppio corpo. La sua potenza massima è di 195 cavalli a 7600 giri a minuto. Sembrano numeri indegni di nota, se non fosse che bisogna tener conto dell’architettura meccanica e della cubatura dell’unità propulsiva. La carrozzeria è molto leggera, il cui peso a secco è di soli 1100 chilogrammi. L’accelerazione da 0 a 100 km/h viene consumata in 7.2 secondi per poi raggiungere quota 235 km/h di velocità massima.

La vettura di Maranello possiede una notevole precisione dinamica, grazie al telaio in traliccio di tubi di acciaio, perfettamente calibrato nei suoi elementi, per dare una degna robustezza strutturale, così come le sospensioni.

La Ferrari Dino 246 GTS ha fatto la storia

Lo scenario in cui venne presentata ufficialmente la Ferrari Dino 246 GTS fu il Salone dell’Auto di Ginevra del 1972. Questa vettura declinava in versione spider la precedente 246 GT, rispetto alla quale si faceva notare per un ancor più appetibile piano estetico. Questo è un modello privo dell’iconico Cavallino Rampante, poiché si voleva proteggere il marchio dai rischi che un frazionamento meno raffinato ed un prezzo più abbordabile potevano comportare in termini di immagine.

Il riscontro fu più che positivo all’epoca, con i poco più di 1200 esemplari che andarono letteralmente a ruba. La penna che la disegnò era nelle mani di Pininfarina, il quale le diede tratti curvilinei mixati a lineamenti più tesi, per un’interpretazione estetica nel segno della bellezza, facendola diventare una pietra miliare dell’automobilismo e del design.

Angelo Petrucci

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