Curiosità

Dalla M1 alla Viper, passando per la 127 Rustica: tutte le “follie” di Lamborghini

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Lamborghini, la Casa costruttrice di automobili con sede a Sant’Agata Bolognese ha avuto una storia travagliata prima di trovare la quiete nel Gruppo Volkswagen.

La storia recente di Lamborghini è colma di successi. Le sue supercar sono apprezzate e vendute in tutto il mondo mentre la Super-SUV Urus si appresta a scrivere un nuovo capitolo dell’azienda stessa, creando allo stesso tempo una nicchia del mercato del lusso. Oggi Lamborghini è un’azienda che cresce in seno al Gruppo Volkswagen, che ha una serie progetti ben definiti e un piano industriale preciso. Ma non è sempre stato così, anzi.

Se consideriamo che la storia di Lamborghini è iniziata 55 anni fa, solo i primi e gli ultimi dieci anni sono trascorsi tranquillamente, mentre in mezzo c’è stato un po’ di tutto. La prima decade coincide con la proprietà del fondatore Ferruccio, mentre la più recente con quella del Gruppo tedesco. Ma dal 1973 al 1998 a Sant’Agata Bolognese hanno visto avvicendarsi diversi proprietari con l’azienda che versava più o meno in crisi e che, per costrizioni o per sperimentazione, si apriva anche ad altri progetti.

È stata proprio una di queste crisi a impedire che in Emilia venisse prodotta la BMW M1, ovvero l’unica vera supercar nella storia della Casa di Monaco di Baviera. La BMW di quegli anni era un’azienda in grande evoluzione tecnica e di prodotto che vedeva le competizioni come un passaggio fondamentale per migliorare l’immagine del marchio.

La M1 era nata per soddisfare queste necessità e il progetto di Giugiaro avrebbe dovuto essere progettato e industrializzato da Lamborghini, ma le pessime condizioni finanziarie dell’epoca convinsero i tedeschi a fare tutto in casa. Verso la fine degli anni Settanta a Sant’Agata Bolognese le cose andavano così male che nel 1979 per diminuire la cassa integrazione, l’azienda prese una commessa dalla Fiat per montare gli interni di cinquemila 127 Rustica che veniva prodotte in Brasile, arrivavano in Italia via nave e dovevano essere modificate per il mercato europeo.

I sindacati non la presero bene – erano gli anni in cui si criticavano aspramente le produzioni estere della Fiat – e ne nacque un tale baccano che il cargo che trasportava le 127 dovette andare a sbarcare a Marsiglia perché Livorno era bloccata. Sempre negli anni Settanta la proprietà svizzera tentò la fortuna partecipando a un bando di gara indetto dall’esercito americano e sviluppando la Cheetah. L’avventura non andò a buon fine perché il bando fu vinto dalla Humvee ovvero l’antenata dell’Hummer, ma da quel progetto scaturirono prima la LM-001 e poi la LM-002, probabilmente il fuoristrada più folle della storia dell’umanità.

Se parliamo di follie non possiamo non menzionare la Dodge Viper. Sì, perché la supercar americana è stata progettata proprio nel periodo in cui la Lamborghini era di proprietà della Chrysler che pensò bene di chiedere agli emiliani la consulenza per il motore da mettere sotto il lungo cofano della Viper.

Nel 1989 la Dodge presentò questa spider esagerata con telaio in tubi di acciaio e carrozzeria a pannelli in vetroresina. Non aveva alcun aiuto elettronico e nemmeno l’ABS, ma poteva contare su 400 CV e 662 Nm di coppia erogati da un 8 litri V10. Un motore che derivava dal 5.9 V8 della serie Magnum che veniva montato su pick-up, SUV e camionicini e che venne modificato optando anche per le testate in alluminio (ma niente basamento perché costava troppo).

Bene, se a questo punto pensiate che sia abbastanza dovete sapere che nel 1986, quando era sotto la proprietà francese, la Lamborghini provò anche a costruire una moto, partendo dalla base tecnica di una Kasawaki 1000 e affidando lo stile alla francese Boxer Design. Si chiamava Lamborghini Design 90 e dovevano farne 50 da vendere a 13.000 dollari, ma il flop fu così clamoroso che ne produssero solo sei. Insomma, alla fine probabilmente bisogna dire grazie al Gruppo Volkswagen, se la “Lambo” non ha fatto una brutta fine.

Alessandro Vai

Le auto e i motori, una passione diventata una ragione di vita. Volevo fare il pilota ma poi ho studiato marketing e ora il mio mestiere è scrivere

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Alessandro Vai

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