in

Lamborghini Diablo, un Toro feroce e completamente analogico

Tempo di lettura: 2 minuti

Se ripenso alla prima macchina viola che ho visto nella mia vita, si tratta di una Lamborghini Diablo. All’inizio degli anni Novanta l’azienda di Sant’Agata Bolognese era l’unica potersi permettere una verniciatura così esotica. La Diablo era una supercar estrema, l’unica a poter rivaleggiare direttamente con un altro mostro sacro come la Ferrari F40.

L’unica così iconica da non avere nemmeno bisogno di essere preceduta dal nome della Casa costruttrice. La Diablo è una e una soltanto e il suo nome è ripreso da quello di feroce toro allevato dal Duca di Veragua nel XIX secolo, che l’11 luglio 1869 a Madrid uccise in un epico combattimento con il famoso torero José De Lara, detto El Chicorro.

Ad ogni modo, in Lamborghini iniziano a pensare all’erede della Countach, che era sulla breccia dell’onda dal 1974, già nel 1985. La piccola factory emiliana in quegli anni è di proprietà della Chrysler (mai sentito parlare di una certa Viper?) e i dirigenti americani rimangono interdetti dalle prime proposte di stile di Gandini che successivamente definisce un design più digeribile per gli yankee.

A livello tecnico, invece, la Diablo è un’evoluzione della Countach. Il motore è centrale posteriore con il cambio longitudinale rivolto verso l’abitacolo per accentrare le masse e migliorare il bilanciamento. La carrozzeria era realizzata con vari materiali: acciaio per il tetto, alluminio per le portiere, per i passaruota anteriori e per i brancardi posteriori, fibra di carbonio e resine per gli spoiler anteriore-posteriore, per i cofani e per i fascioni sottoporta.

Lamborghi Diablo

Anche l’alettone posteriore a richiesta era realizzato in fibra di carbonio e verniciato nel colore della carrozzeria. A questo proposito è bene ricordare che a fine anni Ottanta il concetto di monoscocca in fibra di carbonio si iniziava a vedere in F1, ma sarebbe arrivato sulle auto di serie solo a metà anni Novanta. Così la Diablo è ancora una supercar vecchia scuola e ovviamente non ha nessun tipo di aiuto elettronica alla guida, nemmeno l’ABS.

Il cambio è rigorosamente manuale a 5 rapporti e bisogna usarlo con perizia per scattare da 0 a 100 km/h in 4,5 secondi. Per raggiungere i 325 km/h, invece, ci vuole qualche attimo di pazienza in più, mentre il 5.7 V12 scalcia tutti i suoi 492 CV a 6.800 giri. Il concetto di lusso a bordo semplicemente non esisteva, la dotazione di serie prevedeva la radio-mangianastri con lettore CD opzionale, finestrini a manovella e sedili regolabili a controllo manuale.

lamborghini Diablo
Un esemplare con guida a destra: si nota l’abitacolo spartano

Anche l’aria condizionata era optional. Un’auto estrema, insomma, che nel suo segmento ebbe un successo clamoroso. Fu fu prodotta tra il 1990 e il 2001 periodo in cui fu evoluta in diverse versioni e allestimenti, ma che tecnicamente si possono riassumere in 5.7 VT (a trazione integrale), 6.0 e 6.0 GT. Alla fine della produzione, ne erano stata vendute quasi 3.000 unità. Infine, la Diablo è anche l’ultima Lamborghini progettata prima dell’acquisto da parte di Audi, perfezionato nel 1998.

Neopatentato

Alessandro Vai

Le auto e i motori, una passione diventata una ragione di vita. Volevo fare il pilota ma poi ho studiato marketing e ora il mio mestiere è scrivere

Ferrari Purosangue: per la prima volta il muletto ripreso nei test su strada [VIDEO]

sparco gaming 2021

Sparco presenta la linea gaming 2021 e presenta il simulatore Evolve GP